martedì 15 gennaio 2013



Socrate: vita e filosofia

Socrate nasce ad Atene tra il 470 e il 469 a.C. dove viene istruito nell’arte paterna, la scultura, ricevendo la tradizionale educazione dei figli di famiglie benestanti. Studiando ad Atene in un periodo ricco di nuove menti filosofiche Socrate sarà influenzato da personaggi di rilievo come Anassagora e Protagora da cui prenderà interesse per la retorica, la fisica e la medicina.

Quello che oggi conosciamo su Socrate deriva da fonti indirette (tra cui Aristofane, Policrate, Senofonte, Platone e Aristotele) poiché lui riteneva che la ricerca della verità si possa stimolare solo con un discorso vivo, non con la parola scritta. Socrate sosteneva, come i sofisti, l’umanesimo ma respingeva decisamente lo scetticismo, il relativismo, che nega l’esistenza di verità assolute, l’uso del discorso come metodo di persuasione separato dal contenuto, l’assenza di scrupoli morali e l’insegnamento pagato.

Il punto di forza di Socrate era la sua consapevolezza di non sapere, riteneva che sulla base di questo pensiero si fosse spinti alla ricerca e quindi al superamento della propria opinione personale, alla ricerca della verità che è dentro di noi e alla scoperta della ragione che è comune a tutti cioè il fondamento della verità. Trasmetteva questa consapevolezza tramite l’ironia e la maieutica alla base del suo metodo: in un dialogo Socrate fingeva di non conoscere ponendo la domanda “cos’è?” (che poi Aristotele classificò come concetto, cioè la natura di una determinata cosa); a questo punto il suo interlocutore capiva di non sapere, rivelando la verità che è dentro di lui.

Secondo lui la felicità poteva essere raggiunta attraverso la virtù, infatti credeva che la natura umana fosse razionale perciò l’uomo che agisce in modo razionale agisce secondo la sua natura ed è felice. Invece chi fa del male lo fa per ignoranza perché ignora il bene di conseguenza nessuno fa del male volontariamente.

Socrate sfidava la mentalità di allora che era fondata sulla bellezza esteriore evidenziando la propria bruttezza e rivolgendo a se stesso la sua ironia.
Lui infatti affermava che anche con un corpo silenico come il suo (i sileni erano esseri semiferini, seguaci di Dioniso) l’animo poteva essere virtuoso e superiore rispetto alla bellezza del corpo, fu il primo a dare all'animo profondità e importanza.

Sosteneva di avere una missione divina che consisteva nel risvegliare la città e smascherare tutti quelli che ritenevano il potere, la fama e la bellezza fisica fossero valori. Fu proprio per questo che fu accusato dai suoi avversari politici di empietà e di corromepere i giovani perchè secondo lui la “verità” si poteva trovare solo dentro di sè e non nella cultura degli intellettuali o nelle leggi della democrazia.
Fu processato nel 399 a.C. ma si comportò in maniera del tutto inaspettata quando, smontando le accuse che gli avevano rivolto, ottenne la possibilità di cambiare la sua pena di morte in un esilio: rifiutò perché sapeva di non aver commesso alcuna ingiustizia e che in altre città avrebbe continuato la sua missione e sarebbe stato di nuovo cacciato.
Rifiutò anche l’offerta di un suo discepolo di scappare dicendo che le leggi non vanno mai infrante perché grazie a loro l’uomo esce dall’animalità e diventa davvero un uomo.